Aristotele e l'etica e la politica

L'ETICA E LA POLITICA

L'etica e la politica di Aristotele sono le due scienze che egli definisce "pratiche" in quanto non hanno un fine in se stesse ma sono perseguite in vista dell'utile
Esse riguardano la condotta degli uomini e gli obiettivi che questi vogliono raggiungere, sia come individui, sia come membri di una società politica
In particolare, studiano le condizioni che permettono di conseguire la felicità, considerata il fine supremo.


⬥IL FONDAMENTO CONCRETO DELL'ETICA ARISTOTELICA
 
L'etica è quindi una scienza pratica, che si occupa del comportamento del singolo

Il suo oggetto fondamentale è rappresentato dalla ricerca e dalla determinazione del significato della felicità.
 

Aristotele non si basa su principi astratti, ma muove dall'osservazione delle situazioni reali, degli usi e dei costumi dei popoli.
 

Quella aristotelica è una posizione che si può considerare attuale in relazione alla nostra società.
 

L'etica si occupa dei modi di agire e di vivere degli uomini, che:
  • sono diversi gli uni dagli altri a seconda del tempo e del luogo in cui si esplicano
  • dipendono dalla libera volontà delle persone

⬥LA RICERCA DEL "GIUSTO MEZZO"
 
Il modello a cui Aristotele si ispira non è più quello chiuso e ristretto di una casta sacerdotale o del ceto aristocratico (Parmenide e Platone), ma quello moderato tipico della classe media, che gode di buone condizioni economiche e che è decisa a mettere il più possibile a frutto le risorse sociali e umane di cui dispone.

L'orizzonte entro cui questa visione etica si colloca è ancora la pólis, ma priva delle aspettative utopistiche di rigenerazione e rifondazione che avevano caratterizzato lo Stato platonico. 
Ora, infatti, l'aristocrazia cittadina rifugge dalle ambizioni del potere e cerca uno stile di vita più concreto e moderato

L'etica aristotelica rivela un grande realismo nell'affrontare le questioni della vita pratica, rifuggendo da ogni estremismo idealistico -> etica possibile, alla portata di ogni uomo

Sul piano filosofico la virtù appropriata è il "giusto mezzo", cioè l'equilibrio tra i due estremi del difetto e dell'eccesso.

ES Virtù:
-         viltà                    - CORAGGIO -            temerarietà 
(chi scappa per paura)                                   (chi va incontro al   
                                                                  pericolo senza protezione)

-        avarizia             - GENEROSITÀ -      prodigalità

-       indolenza         - MANSUETUDINE -      irascibilità

Nel comportamento morale non si possono dare regole assolute e dunque non può esserci una misurazione rigorosa del giusto mezzo valida per tutti
La sua determinazione è affidata alla saggezza pratica che varia in relazione al soggetto e alle condizioni oggettive.

⬥LA FELICITÀ QUALE FINE DELL'ETICA
 
Il fine dell'etica è la felicità, la quale coincide con quella condizione di benessere che l'uomo sperimenta quando sta bene con se stesso, con gli altri e con il proprio ambiente

Per Aristotele esistono 3 forme di vita possibili, a seconda del fine che gli uomini perseguono scegliendo di assecondare una delle parti della propria anima:
  1. vita edonistica (uomini volgari)                                             FINE: piacere del corpo
  2. vita politica (chi ambisce all'onore)                                            FINE: prestigio connesso con le cariche pubbliche                
  3. vita teoretica/contemplativa (solo pochi)                            FINE: conoscenza della verità
1+2+3⇛ vita dell'uomo sapiente e virtuso, che esercita le virtù proprie dell'anima razionale

Virtù: disposizione abituale e costante ad agire secondo ragione.

virtù dianoetiche ("intelletto") : esercizio stesso della ragione.
  • sapienza, ideale di vita riservato a pochi (saggi e filosofi - conoscenza disinteressata delle cose più alte universali)
  • saggezza*, via privilegiata per raggiungere la serenità e l'equilibrio (capacità di adattarsi alle circostanze e di cogliere i principi primi -giusto mezzo/fine considerato nuovo-)       --------> accessibile a tutti*
  • scienza (capacità dimostrativa)
  • arte (capacità di produrre oggetti) 


virtù etiche ("costume/comportamento") : disposizione a vivere secondo ragione, cioé dominare con razionalità gli impulsi sensibili
  • giustizia (fondamento politica)
  • magnanimità
  • temperanza
  • moderazione






⬥L'UOMO COME "ANIMALE POLITICO"

✯ aspetto sociale dell'uomo 

Modello⇛ pòlis ateniese

La proposta politica di Aristotele era di grande equilibrio e realismo. 

Essa è fondata sulla concezione dell'uomo come animale politico, cioè sulla considerazione che l'uomo, senza la società e senza la famiglia, non ha la possibilità di realizzare la propria essenza

Il compito primario della politica è quello di assicurare le migliori condizioni di benessere per i cittadini

La vita deve perseguire la giustizia
Essa consiste nella ricerca dell'equilibrio e dell'equità in relazione a se stessi e agli altri e coincide con il rispetto delle giuste leggi dello Stato era corretta distribuzione degli onori e delle risorse secondo i meriti di ciascuno.




modello biologicofamiglia



Aristotele analizza con grande attenzione i molteplici rapporti di questa importante e cellula della società, ad esempio le relazioni tra il marito e la moglie e figli

La moglie è una persona libera, ma è sottomessa all'autorità del marito in quanto non gode pienamente dei diritti giuridici
Secondo Aristotele, la donna anche psicologicamente non è idonea a svolgere compiti di direzione e di comando.

L’autorità del padre sui figli maschi dura invece fino a che questi non raggiungono l'età adulta, divenendo a loro volta capi di un'altra famiglia.


Lo schiavo è visto come un essere molto vicino alle bestie, in quanto del tutto privo di diritti e dedito soltanto al lavoro e all'obbedienza.

Egli viene definito “strumento animato”.
Nell'antica Grecia la schiavitù era considerata un’istituzione naturale

Aristotele affermava che alcune razze asiatiche erano da ritenersi “schiave per natura”. 

Egli però affermava anche che la cattura del nemico in guerra non doveva comportare la sua riduzione in schiavitù e che se gli altri fossero stati in grado di arare da soli non ci sarebbe stato bisogno di schiavi.

 

































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